Memorie d’una ragazza perbene
Simone de Beauvoir
Einaudi
1958
Questa autobiografia scritta dalla filosofa Simone de Beauvoir, ci permette di scoprire come si è evoluta la sua forte personalità ripercorrendo la sua vita fin dall’infanzia. La storia, essendo narrata dalla protagonista, assume un carattere intimo e profondo, in particolar modo nei racconti dell’infanzia che occupano la prima parte del romanzo. La Beauvoir utilizza una scrittura molto descrittiva, a tratti stucchevole ma molto efficace, il lettore non fa alcuna fatica ad immaginarsi le ambientazioni, i personaggi, e le diverse situazioni perché nulla è lasciato al caso e l’immagine che si crea è limpida e dettagliata. Il susseguirsi dei racconti delineano la crescita, la formazione, la personalità e il pensiero della protagonista, dal carattere ribellle dei primi anni, ai forti contrasti tra una sfacciata libertà e il perbenismo, al percorso di studi, all’amicizia fino all’amore. Una parte del
romanzo molto interessante è sicuramente quella dove si dedica al racconto degli anni di studi,durante i quali comincia a raggiungere una sorta di consapevolezza ispirata anche dalla vita intellettuale. Quest’ultima, fonte degli insegnamenti e della morale del padre, evidenzia ancor di più il contrasto tra i due genitori: suo padre dall’ideologia profana e dedito allo studio, e la madre che, invece, vuole educarla seguendo una dottrina religiosa e austera. Con lo scorrere degli anni e la nuova maturià raggiunta dal suo pensiero, Simone non sente più la vicinanza a Dio inculcata con la severità tipica della madre ma racconta di un’adolescente curiosa, amante della lettura, piena di incertezze, impegnata in una forte amicizia con l’amica Elisabeth Lecoin (Zazà), la successiva e definitiva rottura con la religione e la decisione di dedicarsi completamente alla conoscenza e al pensiero filosofico. La scrittrice confessa anche del suo amore tormentato per il cugino Jacques che l’accompagnerà fino agli anni dell’università. La tragica fine della sua migliora amica e la grande delusione per l’amore non ricambiato del cugino, furono un peso non indifferente per la donna, che si trascinò questa rabbia e questo rancore fino alla sua morte. Tuttavia, anche riguardo questo tema,Simone, non si smentisce ed è fiera di dar voce al suo pensiero, contro ogni convenzione afferma di non essere interessata al matrimonio, decisa ad intraprendere una vita dedicata allo studio. Proprio a partire da questa sua forte presa di posizione entra, quasi come fosse parte della sua natura, in contatto con il fenomeno anticonformista tipico tra gli ambienti culturali frequentati degli intelletuali francesi di quegli anni. Qui conobbe Jean-Paul Sartre, con il quale si trovò immediatamente affine, stabilendo una reciproca e intensa stima intellettuale. Il filosofo sarà il suo compagno per tutta la vita, condividendo la stessa idea di amore e la medesima volontà di ascoltare e condividere il proprio pensiero, come uno scambio alla pari, per il quale lei non dovette scende a patti con la sua femminilità e condizione di donna, in quanto donna. Leggendo come la filosofa si racconta è inevitabile non pensare ad una donna eccentrica, coraggiosa, e di spessore. Le sue non sono solo parole, non predica alle donne di essere forti e intraprendeti in modo ipocrita, anzi, dimostra con le scelte che ha fatto e con la sua vita che c’è la possibilità di riscattarsi, andare contro alle discriminazioni. Si fa testimone attiva dell’importanza della donna anche nei contesti culturali che, specialmente all’epoca, erano considerati prettamente maschili. Simone de Beauvoire crede in quello che fa, sceglie la libertà intellettuale e si conquista un posto nella filosofia, diventa un esempio per tutte le donne. Sono passati solo pochi decenni e ma noi giovani donne viviamo una realtà completamente diversa, anche grazie a lei.
Laura Bartoli, V°A.