Il mondo come volontà e rappresentazione
Arthur Schopenhauer
Casa editrice: Newton Compton Editor
Prima edizione 1819

Nell’opera “Il mondo come volontà e rappresentazione”, il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer espone il suo pensiero riguardo alla vita, la quale non è altro che un’eterna sofferenza.

Il punto di partenza della sua filosofia è la distinzione attuata già in precedenza da Kant, tra fenomeno e noumeno. Il mondo fenomenico, viene visto da Schopenhauer come un sogno, un’illusione, come qualcosa di non vero. Al contrario, il noumeno, è una realtà nascosta dietro il fenomeno.

Da qui nasce una profonda riflessione che contrappone la volontà con la rappresentazione, le quali sono rispettivamente realtà ed apparenza.

“Il mondo è mia rappresentazione” (Il mondo come volontà e rappresentazione 1819, p. 23): è così che il filosofo inizia l’opera, dichiarando che la presunta oggettività del mondo non è altro che quello che l’uomo interpreta per sé stesso, il quale viene visto come un animale metafisico, dotato di ragione e che si interroga sull’essenza stessa della vita.

Schopenhauer, nel corso della sua opera, adotta inoltre molte comparazioni per spiegare il vero significato della realtà, che non è altro che inganno ed illusione. Tra queste è ricorrente l’esempio del velo di Maya, la divinità buddista, “che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo, del quale non si può dire né che esista né che non esista, poiché esso è come un sogno.” (Il mondo come volontà e rappresentazione 1819, p. 28). Non bisogna quindi fare altro che strappare il velo per raggiungere il vero significato della realtà, la quale viene esaminata da tutti i lati ma non viene esplorata a fondo.

Tutto questo conduce ad una visione pessimista della vita che, come già detto, è una continua ricorrenza al dolore ed una lotta per l’esistenza, che frustra l’uomo, bramante del desiderio della conoscenza infinita.

Il filosofo conduce il lettore in un profondo pensiero irrazionalistico, che attribuisce al dolore il fondamento dell’esistenza, il quale ha come unica risposta la liberazione della volontà di vivere che si divide in tre momenti essenziali: l’arte, conoscenza libera e disinteressata, la morale, che non è altro che il tentativo di superare l’egoismo, e l’ascesi, il cui unico scopo è quello di debellare il desiderio stesso di esistere.

La vena pessimista di Schopenhauer approda quindi all’idea che il desiderio denoti la mancanza di qualcosa, e che questa lacuna porti inevitabilmente al dolore e alla noia, simbolo del soddisfacimento.

“Noi, invece, dichiariamo liberamente, che ciò che rimane dopo l’annullamento totale della volontà, è invero, per tutti coloro che sono ancora pieni della volontà, il nulla; ma anche, inversamente, per coloro cui la volontà si è rovesciata e negata, questo nostro mondo così reale, è esso stesso il nulla” (p. 445)

Si conclude quindi in questo modo l’opera del filosofo, il quale trova nell’arte il solo espediente che consenta all’essere umano di aspirare al sapere universale, andando oltre i propri limiti, dichiarando però che questa è solo una sensazione transitoria.

Gherardi Giulia 5^ A (2015/16)