Possiamo parlare di una filosofia postumanista? di Roberto Marchesini

“Il corpo è una matrice di relazioni con il mondo ed è proprio da queste relazioni che emerge il predicato, per cui non possiamo mai desumerlo attraverso una ricognizione interna. Il corpo enucleato dalle proprie molteplici relazioni non è più un corpo ma una spoglia. La liminarietà del corpo va pertanto intesa non come confine disgiuntivo-contenitivo, ma come «soglia relazionale» che fa emergere il suo esserci, la sua presenza, in quel «far posto» attraverso il dialogoconnessione con le alterità. Pertanto non s’interpreta il postumanismo barattando l’Uomo di Vitruvio con un qualunque altro ente rappresentativo, ma superando i concetti di universalismo, centralismo, sussunzione, metrica assegnabile a un qualsivoglia ente. Il retaggio definisce dei «range di virtualità»: l’essere umano non può essere convertito in qualunque cosa, né può transumanare in un oltre che non mantenga connessioni con ciò che lo precede. Ecco allora che in una visione postumanista è sbagliato credere che:

1) il supporto tecnologico abbia una semplice funzione probiotica, esonerativa, ergonomica, disgiuntiva, amniotica, come da tradizione umanistica;

2) il supporto prescinda dal corpo che lo accoglie, determinandone un totale superamento, portando l’essere umano in una condizione che non ha nulla a che fare con l’umano, come nel transumanismo.”

© Lo Sguardo – rivista di filosofia N. 24, 2017 (II) – Limiti e confini del postumano

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