Walter Benjamin: un’intelligenza in esilio tra teologia, letteratura e critica storica
1. Introduzione

Walter Bendix Schönflies Benjamin (Berlino, 15 luglio 1892 – Portbou, 26 settembre 1940) è una figura centrale del pensiero critico del XX secolo. Filosofo, saggista, traduttore e critico letterario, Benjamin ha attraversato le principali correnti del pensiero europeo — dal messianismo ebraico al marxismo — senza mai aderirvi del tutto, costruendo un’opera eterodossa, frammentaria e visionaria che ancora oggi stimola l’interesse di filosofi, storici, artisti e teorici della cultura.
2. Origini e formazione
Nato in una famiglia borghese ebraica, Benjamin cresce nella Berlino imperiale di fine Ottocento, città che avrebbe più tardi evocato nella raccolta memoriale Infanzia berlinese intorno al 1900 (tit. orig. Berliner Kindheit um neunzehnhundert, pubblicata postuma nel 1950). Il padre, Emil, era un agiato antiquario e imprenditore; la madre, Paula Schönflies, apparteneva a una famiglia di commercianti. Aveva due fratelli, tra cui Georg, futuro dirigente comunista, che morì nel campo di concentramento di Mauthausen nel 1942.
Dopo aver frequentato il Kaiser-Friedrich-Schule, si iscrive all’Università di Berlino e successivamente studia a Friburgo, Monaco e Berna. Si laurea nel 1919 con una tesi su il concetto di critica nell’arte romantica tedesca (Der Begriff der Kunstkritik in der deutschen Romantik), che mostra già il suo stile inconfondibile: erudizione, attenzione filologica e una scrittura densa di allusioni teologiche e filosofiche.
3. Incontri fondamentali: Gershom Scholem e l’ebraismo
Il 21 luglio 1915 incontra a Berlino Gershom Scholem, futuro fondatore degli studi moderni sulla mistica ebraica. Questo incontro segna l’inizio di un’amicizia profonda e intellettualmente feconda. Scholem guiderà Benjamin verso una rilettura filosofica dell’ebraismo, soprattutto della Cabala, che sarà centrale nei suoi scritti teologici e nelle sue riflessioni sul messianismo.
Per un approfondimento: Lettere Benjamin–Scholem 1932–1940
4. Vita privata e prime delusioni
Nel 1917 sposa Dora Kellner, già legata a Max Pollak, da cui aveva divorziato. Dalla loro unione nascerà Stefan (1918–1972), unico figlio di Benjamin. Il matrimonio si rivela presto tormentato. Il possesso della collezione di libri d’infanzia, accumulata da Benjamin per i suoi studi sul gioco e l’immaginario infantile, sarà oggetto di contesa nella separazione.
Nonostante l’acume e l’originalità, Benjamin non ottiene mai un posto accademico. Il suo tentativo di abilitazione presso l’Università di Francoforte fallisce a causa del rifiuto della sua Ursprungs des deutschen Trauerspiels (Origine del dramma barocco tedesco, 1928), ritenuta oscura e non ortodossa. La sua opera, come quella di Nietzsche prima di lui, fu inizialmente considerata “incomprensibile”.
5. L’incontro con Asja Lacis e la Russia sovietica
Nel 1924 conosce a Capri la regista e attrice lettone Asja Lacis, militante comunista. L’infatuazione per Lacis coincide con un periodo di svolta nel pensiero di Benjamin. La sua passione amorosa diventa anche passione ideologica: compie un viaggio in Unione Sovietica con Lacis per studiare sul campo le trasformazioni sociali e culturali post-rivoluzionarie. Tuttavia, il suo tentativo di integrare pensiero teologico e marxismo si rivela problematico. Lo stesso Max Horkheimer e in seguito Adorno guarderanno con sospetto a questa ambiguità teorica.
Benjamin racconterà il suo viaggio e il sentimento per Lacis in Einbahnstraße (1928), dove elabora il concetto di “amore all’ultimo sguardo”, in contrasto con il celebre “amore a prima vista”.
6. Il pensiero critico e le amicizie intellettuali
Benjamin entra in contatto con la Frankfurter Schule (Scuola di Francoforte), stringendo amicizia con Theodor W. Adorno e Max Horkheimer. Nonostante le tensioni, specialmente con quest’ultimo, Adorno riconobbe sempre il genio dell’amico, e cercò di sostenere economicamente e moralmente il filosofo in esilio.
Le lettere tra Benjamin e Adorno (e in seguito tra Benjamin e Gretel Adorno) rivelano una riflessione comune sulla cultura, l’industria culturale e la crisi della filosofia dopo Auschwitz.
In parallelo, Benjamin intrattiene un rapporto intellettuale asimmetrico con Bertolt Brecht, che egli considera una figura fondamentale, pur essendo spesso oggetto del sarcasmo dell’autore de L’opera da tre soldi.
7. L’esilio e la morte
Nel 1933, con l’ascesa del nazismo, Benjamin è costretto a lasciare la Germania. Dopo vari spostamenti si stabilisce a Parigi nel 1935. L’invasione nazista della Francia lo conduce nel 1939 all’arresto e alla detenzione come prigioniero politico. La sua condizione di ebreo lo espone al rischio costante di deportazione.
Nel settembre 1940, tenta di attraversare i Pirenei per rifugiarsi in Spagna e raggiungere gli Stati Uniti. Fermato alla frontiera spagnola, temendo la consegna alle autorità tedesche, si suicida con una dose letale di morfina la notte tra il 25 e il 26 settembre, a Portbou. Aveva con sé una valigia contenente il manoscritto delle Tesi sul concetto di storia (Über den Begriff der Geschichte, 1940), una delle sue opere più influenti.
8. L’eredità: Giorgio Agamben e i Passages
La figura e il pensiero di Benjamin hanno avuto un impatto notevole sulla filosofia contemporanea, in particolare su Giorgio Agamben. Agamben, che ha curato per Einaudi l’edizione italiana delle Opere di Benjamin dal 1978 al 1986, riconosce nel filosofo berlinese un precursore della biopolitica e della critica alla sovranità moderna.
Tra le opere più importanti di Agamben ricordiamo:
- Homo sacer (1995)
- Quel che resta di Auschwitz (1998)
- Altissima povertà (2011)
- L’uso dei corpi (2014)
Agamben ha ritrovato e curato gli scritti dei Passages di Parigi (il grandioso progetto incompiuto di Benjamin su Parigi come capitale del XIX secolo), oggi pubblicati con il titolo Il libro dei Passaggi (Das Passagen-Werk), visibili anche in un documentario disponibile su Vimeo.
9. Il gioco, lo sguardo e l’infanzia
Due immagini ricorrenti nel pensiero benjaminiano sono il gioco e lo sguardo. In Infanzia berlinese, Benjamin rievoca il gioco del “nascondino” e la paura dello sguardo pietrificante dei genitori, che egli assimila a quello mitologico di Medusa. La stessa metafora dello sguardo è centrale nell’incontro con Asja Lacis, che egli desidera vedere per primo per non essere “reificato”. Si tratta di elementi che intrecciano teologia, psicanalisi e filosofia in una visione profondamente poetica dell’esperienza umana.
10. Fonti e materiali multimediali
- Vimeo, documentario su Benjamin: https://vimeo.com/110542046
- Video su Pietro Montani (RaiPlay):
- Opere di Benjamin:
- Angelus Novus, Einaudi, 1962
- Tesi sul concetto di storia, 1940 (ora in Angelus Novus)
- Infanzia berlinese intorno al 1900, Einaudi, 2001
- Il libro dei Passaggi, Einaudi, 2002